Tavola rotonda: Remo Gaibazzi. Lavoro come scrittura, scrittura come lavoro. - Remo Gaibazzi
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Tavola rotonda: Remo Gaibazzi. Lavoro come scrittura, scrittura come lavoro.

Venerdì 24 giugno alle ore 17,30, nell’auditorium Mattioli di Palazzo del Governatore, a margine della mostra Remo Gaibazzi e la scrittura nella arti visive, si terrà una tavola rotonda sulla figura dell’artista parmigiano con la partecipazione di Arturo Carlo Quintavalle (Università di Parma), Francesco Tedeschi (Università Cattolica di Milano), Giorgio Zanchetti (Università Statale di Milano); moderatore Andrea Calzolari (Associazione Remo Gaibazzi)  

Gaibazzi è stato un pittore che forse solo ora comincia ad essere noto fuori Parma, perché, anche se non gli erano mancate le occasioni di intraprendere una brillante carriera nel giro della grandi gallerie d’arte, non ha mai voluto abbandonare la nostra città, una città che amava e detestava al tempo stesso ma che è stata il brodo di coltura in cui è maturato il suo straordinario talento. Qui da noi, dopo la grande popolarità goduta ai tempi dei disegni neorealisti degli anni ’50, è potuto sembrare uno spirito geniale e bizzarro: lo si ammirava per il rigore irritante dell’impegno etico-politico, ma non sempre si comprendeva la sua ricerca pittorica estremamente raffinata, nutrita di difficili letture filosofiche, che non concedeva nulla, per dirla con Brecht, al gastronomico e che si rinnovava continuamente, rifiutando di adagiarsi su una formula.  E tuttavia, questo intellettuale a tutto tondo, apparentemente orgoglioso e solitario, ma che sapeva dialogare con tutti, e in particolare con i giovani, e che proponeva spesso opere  ermetiche e scostanti (come fogli di carta incisi con la punta del compasso), sapeva esprimersi anche in invenzioni formali capaci di coinvolgere tutti, come quando prendendo spunto da particolari architettonici dei monumenti storici della nostra città elaborava immagini policrome, rigorose come una composizione astratta, ma che ci facevano riscoprire il volto di Parma.

Negli ultimi quindi anni della carriera, a cui è dedicata la mostra in corso a Palazzo del Governatore (Gaibazzi e la scrittura nella arti visive, fino al 24 luglio), Gaibazzi adotta un metodo (la scrittura) e un tema (il lavoro) che, ancora un volta, disorientano: riempie infatti il supporto (cartoncino, ma anche tela, plexiglass, acetato) con la scritta “lavoro”, ripetuta instancabilmente in tutti i modi possibili. L’utilizzo della scrittura in arte (o viceversa l’utilizzo di immagini in poesia) non è una novità: nel 2007 al Mart di Rovereto fu organizzata (curata da Giorgio Zanchetti, che interverrà anche nella tavola rotonda) una grande mostra dedicata a La parola nell’arte, vastissima benché limitata al Novecento; ma, come è noto, le pratiche che si dicono talvolta verbo-visuali risalgono, in occidente, fino all’antichità classica  (il termine “calligrammi” è però invenzione di Apollinaire, gli antichi li designavano come technopaígnia o carmina figurata). È su questo sfondo che si colloca l’opera di Gaibazzi, caratterizzata da una parte dal rifiuto della scrittura mimetica (come i calligrammi di Apollinaire, in cui la disposizione della scritta imita la forma dell’oggetto di cui si parla), dall’altra della citazione pura e semplice, come fa Kosuth. Quest’ultima è stata la tentazione iniziale di Gaibazzi (che nel 1979-80 prepara alcuni lavori in cui si presentano citazioni dei pensatori che lo interessano), ma che poi sceglie di scrivere la sola parola “lavoro”, riuscendo, a dispetto dell’apparente monotonia, a sorprendere per la varietà dei risultati.  

Sulle ragioni e sugli esiti di questa scelta, si discuterà nella tavola rotonda del 24 giugno, che non mancherà di sottolineare i rapporti tra l’opera del pittore parmigiano e quella di altri importanti artisti presenti in mostra come Vincenzo Agnetti, Alessandro Algardi, Carlo Alfano,  Luciano Bartolini, Irma Blank, Alighiero Boetti, Eros Bonamini, Enrico Castellani, Roberto Comini, Dadamaino, Piero Dorazio, Vincenza Ferrari, Giorgio Griffa, Emilio Isgrò, Roman Opalka, Giulio Paolini, Emilio Villa, William Xerra: questi ultimi (le cui opere provengono in gran parte dalle collezioni Intesa San Paolo) illustrano felicemente il contesto nazionale ed europeo della ricerca di Gaibazzi.    

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